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Lussazione della clavicola (acromion-claveare)

La lussazione della clavicola (acromion-claveare) consiste in una rottura dei rapporti articolari tra acromion (parte ossea della scapola) e l’estremità laterale della clavicola che provoca uno spostamento variabile della clavicola in base alla lesione di alcuni o tutti gli elementi stabilizzatori di questa articolazione.
Il meccanismo traumatico è più frequentemente diretto, con forza che va dall’alto verso il basso (caduta a terra, ciclismo, calcio, contatto traumatico), molto più raramente, indiretto in seguito a caduta a terra con gomito e polso estesi.
La sintomatologia della lussazione della clavicola (acromion-claveare) è caratterizzata da dolore locale e deformità del profilo acromion-claveare. La muscolatura del distretto va generalmente incontro a contrattura antalgica.
I quadri clinici sono comunque molto variabili in relazione all’entità del danno.
L’esame radiologico di base prevede proiezioni specifiche per l’articolazione acromion claveare. Anche l’esame ecografico può evidenziare le lesioni legamentose e dare indicazioni sul grado della lussazione. La risonanza magnetica è indicata nel caso si sospettino lesioni capsulo legamentose associate come la lesione della cuffia dei rotatori.
Il trattamento è generalmente conservativo e consiste nell’immobilizzazione dell’articolazione per circa 20 giorni. Ciò permette alle strutture lacerate di cicatrizzare nella posizione migliore, ma richiede, alla rimozione del bendaggio, un ciclo di rieducazione per ripristinare il movimento e per recuperare la forza, inevitabilmente compromessi sia dal trauma che dal riposo forzato.
Se la lesione è stata complessa per riavvicinare i capi articolari diventa indispensabile il ricorso alla chirurgia seguito da un trattamento riabilitativo.
La ripresa dello sport è possibile quando il movimento articolare non è più doloroso, generalmente dopo 4-8 settimane.
Il trattamento chirurgico è indicato in base alla gravità del quadro clinico e alle richieste funzionali del paziente.
Le lesioni dell’articolazione acromion-claveare vengono classificate sia in relazione all’entità della rottura legamentosa (andando dalla lesione incompleta a quella completa) che in base alla direzione della dislocazione della clavicola, dando origine a diversi quadri diagnostici.
La maggior parte di questi ha uno sviluppo terapeutico simile che inizia con l’immobilizzazione con un tutore dell’articolazione per 2/4 settimane; sintomo comune è il dolore che può persistere per un lungo periodo di tempo.
Eliminato il tutore è necessario iniziare precocemente il programma riabilitativo con l‘obiettivo primario di controllare il dolore attraverso terapie fisiche (laser, tens, ghiaccio), massaggio rilassante e decontratturante delle strutture periarticolari e riflessogeno del piriforme; parallelamente si può iniziare un lavoro di mobilizzazione a ROM ridotto a partire dalla terza settimana con graduale aumento dell’articolarità sia in piscina che in palestra.
Una volta arrivati al ROM completo è possibile iniziare il recupero della forza attraverso esercizi isometrici dei muscoli della cuffia dei rotatori e stabilizzatori della scapola; progressivamente verranno inseriti esercizi isotonici e di rinforzo anche per il sovraspinoso e deltoide ed esercizi eccentrici della cuffia dei rotatori.
Il programma riabilitativo si conclude con esercitazioni in campo di lancio e presa di oggetti su diverse superfici, di educazione al movimento e prevenzione delle recidive
Impingement (Sindrome da conflitto sub-acromiale).
La sindrome da conflitto subacromiale, altresì detta sindrome da impingement, è una patologia che provoca dolore alla spalla, causato dalla compressione del tendine del muscolo sovraspinato durante il movimento di sollevamento e abbassamento del braccio.
Ogni volta che l’arto superiore viene sollevato oltre un certo grado si verifica un restringimento dello spazio fra la testa omerale e l’acromion dove, protetti dalla borsa, scorrono i tendini della cuffia dei rotatori. Nella ripetizione di certi gesti atletici o di più normali mansioni lavorative, sia per squilibri muscolari che per l’irregolarità del profilo acromiale, l’aumento dell’attrito all’interno di questo spazio provoca dei fenomeni di infiammazione delle strutture in esso contenute (Impingement).
Questo fenomeno è definito “Sindrome da conflitto subacromiale” e, a lungo andare, può comportare la comparsa di calcificazioni estremamente dolorose associate alla progressiva degenerazione del tendine fino alla rottura. Il dolore insorge anche di notte.
Questa serie di eventi provoca inevitabilmente il mancato uso dell’arto superiore, facilitando la formazione di aderenze intra-articolari con ulteriore aggravamento del quadro clinico.
Il medico specialista va consultato tempestivamente, perché una terapia riabilitativa iniziata in modo precoce e ben condotta è in grado di interrompere il circolo vizioso che abbiamo descritto, evitando il ricorso a terapie farmacologiche e infiltrative che diventano indispensabili nelle fasi più avanzate della malattia.
Se le indagini eseguite rivelano la presenza di alterazioni anatomiche importanti, come lesione dei tendini della cuffia dei rotatori più o meno completa, o la presenza di calcificazioni molto voluminose, il trattamento più indicato sarà quello chirurgico seguito da un lungo ciclo di rieducazione.
La causa principale di impingement è lo squilibrio muscolare dei muscoli che sottendono ai movimenti della spalla, sia di origine traumatica sia overstress (sportivi che lanciano con il braccio). Questo, unito a una lassità dei legamenti della gleno-omerale, può generare una condizione di sofferenza della spalla.
Più che in altre patologie per la guarigione da lussazione della clavicola (acromion-claveare) è necessario un programma riabilitativo individualizzato e mirato al riequilibrio muscolare.
L’obiettivo della prima fase del programma riabilitativo è la riduzione del dolore, attraverso l’utilizzo di terapie fisiche (tens, laser, ultrasuoni), e il recupero del ROM articolare completo attraverso mobilizzazioni attive e passive su tutti i piani sotto soglia di dolore, stretching capsulare e muscolare e massaggio rilassante e decontratturante.
Raggiunti gli obiettivi di questa prima fase è necessario procedere alla fase principale del programma rieducativo, quella del recupero e del riequilibrio della forza rispettando la regola di rilassare il muscolo antagonista (attraverso massaggio e stretching) prima di rinforzare il muscolo agonista.
Il programma riabilitativo prevede il recupero della muscolatura di tutto il cingolo scapolare, soprattutto del sovraspinoso, dei muscoli stabilizzatori della scapola (romboidei), degli abbassatori della testa dell’omero (gran dorsale), degli extrarotatori e degli intrarotatori della cuffia.
Raggiunto il tono e l’equilibrio muscolare ottimale, si conclude il programma riabilitativo in campo attraverso l’esecuzione di esercizi propriocettivi e di recupero della coordinazione fino ad arrivare ai gesti sport specifici, cercando di fare attenzione ai sovraccarichi.
Al termine verrà consegnato un programma di esercizi di mantenimento da eseguire dopo la dimissione per mantenere l’equilibrio muscolare raggiunto.

Frattura dell’omero

La frattura dell’omero prossimale è un frattura molto comune della spalla.
Particolarmente comune negli individui anziani a causa dell’osteoporosi, l’omero prossimale è tra le ossa che si rompono più frequentemente in una spalla.
Una frattura dell’omero prossimale si verifica quando la sfera dell’articolazione della spalla, la testa dell’omero (l’osso del braccio) si rompe. La frattura quindi si localizza in cima all’osso del braccio (omero).
La maggior parte delle fratture dell’omero prossimale non sono scomposte (non sono fuori posizione), ma circa il 15-20% di queste fratture sono scomposte e queste possono richiedere un trattamento più invasivo.
La spalla è un’articolazione molto complessa la cui peculiarità è legata all’enorme libertà di movimento, permesso dalle dimensioni ridotte della glenoide rispetto alla testa omerale, che consente di portare la mano in quasi tutti i punti dello spazio.
In questa tipologia di pazienti il meccanismo traumatico è spesso una banale caduta (soprattutto in soggetti con osteoporosi), spesso con gomito esteso e mano atteggiata in difesa, mentre nei soggetti più giovani le cause più comuni sono i traumi violenti, le cadute dall’alto, gli incidenti stradali e i traumi sportivi.
La sintomatologia è caratterizzata da dolore intenso sopra l’area della lesione e immediata impotenza funzionale, con arco di movimento limitato su tutti i piani dello spazio e ridotta forza dei muscoli della spalla. Il dolore peggiora anche con minimi movimenti della spalla.
Il tipo di trattamento dipende dalla composizione della frattura.
Nel caso di frattura composta dell’omero con modesta dislocazione, si ricorre a un trattamento di tipo conservativo con immobilizzazione della spalla mediante tutore per almeno quattro settimane, associato a un ciclo di riabilitazione.
La tipologia di trattamento chirurgico è variabile in base alla sede della frattura (piccola tuberosità dell’omero, grande tuberosità dell’omero, testa omerale e collo anatomico) e al numero di frammenti ossei (2,3,4 parti).
Indipendentemente dal tipo di intervento effettuato è indispensabile la mobilizzazione precoce per prevenire la rigidità post-traumatica.
La mobilizzazione passiva viene iniziata al più presto, nell’arco libero da dolore. Il medico gestore mantiene un contatto continuo con il chirurgo, per stabilire insieme i tempi e le modalità del recupero articolare.
Per verificare il mantenimento dei rapporti e la stabilità della frattura sintetizzata vengono eseguiti frequenti controlli radiografici. È opportuno eseguire anche una risonanza magnetica per controllare le condizioni dell’osso della testa omerale che in caso di frattura prossimale dell’omero può andare incontro a necrosi.
Le fasi di recupero della coordinazione e della gestualità sportiva possono essere eseguite alternando sedute in palestra con sedute in campo, dove la coordinazione tra i movimenti del tronco e dell’arto superiore, e quindi della catena cinetica complessiva, vengono analizzati e rieducati al meglio.
Il periodo di trattamento richiede non meno di 3-4 mesi di terapie per il recupero dell’articolarità e della funzionalità.
Nel caso di frattura composta dell’omero con modesta dislocazione si ricorre a un trattamento di tipo conservativo con immobilizzazione della spalla mediante tutore per almeno quattro settimane, associato a un ciclo di riabilitazione, che può cominciare già dopo una settimana con esercizi pendolari e caute mobilizzazioni per diventare più intenso dopo tre settimane.
A partire dalla terza settimana dall’intervento possono essere messi in atto esercizi di cauta mobilizzazione assistita, privilegiando i movimenti in elevazione sul piano scapolare e facendo molta attenzione invece nelle rotazioni.
Dopo il controllo radiografico a trenta giorni, se l’ossificazione procede bene, il programma riabilitativo prevede il rinforzo di cuffia dei rotatori, stabilizzatori della scapola e propriocezione.
Andranno eseguiti quindi esercizi pendolari, esercizi di riattivazione degli stabilizzatori della scapola, massaggio del cingolo scapolare, soprattutto del trapezio superiore e dell’elevatore della scapola spesso contratti.
È molto utile il trattamento rieducativo in acqua che consente un maggiore rilassamento muscolare.
Dalla 6° settimana post-operatoria si può agire maggiormente sulla mobilizzazione, rispettando comunque il dolore e il completamento della cicatrizzazione dei tessuti; l’inserimento nel protocollo di esercizi attivi per la cuffia dei rotatori andrà concordato con il chirurgo onde evitare scomposizioni della frattura sempre possibili nei primi mesi dall’intervento.
La prognosi è di circa 3 mesi di terapie per il pieno recupero dell’articolarità e di 4 mesi per il ritorno allo sport in pazienti sportivi.